sabato 18 settembre 2010

Perchè le emoticons?

 =) = sorriso
:-) = sorriso
;-) = occhiolino
;-P = linguaccia
:-( = triste
:-((( = sono molto giù
:-)))) = sono alle stelle!
:-D = sorriso grande /risata
:°°( = piango
:'-( = piango
:-O = non me l'aspettavo
:-∫= che paura
:'-) = sono commosso
:-* = ti bacio
:-X = tanquì non parlo!
O:-) = sono un santo!
:-P = beccati sta lunguaccia
8-) = visione sublime!
:°Q = crollo dal sonno
:-r = beccati una bella pernacchia!
:O = mi lasci a bocca aperta%-) = che sbronza!
:-/ = non mi va
#:O = sei uno spasso!
:-C = sei un incapace
!-( = ho un occhio nero
I-O = sta dormendo

Questa è una serie di emoticons o "faccine" usate molto spesso nel linguaggio di chat e sms.  A cosa servono? A risparmiare tempo forse, ma sopratutto a dare il giusto tono al discorso. Per esempio, quando scherziamo con gli amici, possiamo dire una frase che potrebbe sembrare una presa in giro, una cattiveria, ma con una risata, un sorriso, un occhiolino si comunica il giusto tono ironico della frase. E le emoticons servono proprio a questo quando la comunicazione è scritta. La nostra è la società dell'immagine e quindi è più immediata l'immagine di un viso stilizzato al massimo piuttosto che la spiegazione scritta di ciò che intendiamo dire; anche perchè se negli sms scriviamo quello che diremmo a voce non potremmo sempre scrivere "guarda che è una battuta", "sto scherzando", ecc... perchè quando si comunica a voce (sopratutto se si conosce bene l'interlocutore) non si spiega l'ironia ma la si lascia intendere con le espressioni del viso, il tono della voce, dei gesti... della comunicazione non verbale insomma! :-)

mercoledì 1 settembre 2010

Espressioni facciali: universali?

Ho appena trovato questo video in internet e mi sembra adatto per riflettere sul fatto che, come le emozioni possono avere un carattere universale, ci possono anche essere espressioni facciali universali, quindi COMUNI, che fanno sì che una persona possa intuire l'emozione che l'altro prova... proprio perché la si conosce e RIconosce attraverso l'espressione!

lunedì 30 agosto 2010

Esempi di segnali baluardo

Dita a forma di triangolo davanti alla bocca

Questo gesto è di per sè indicativo di ostentata sicurezza nelle proprie capacità, di senso di superiorità o di voglia di mantenere le proprie posizioni a tutti i costi.

Braccia incrociate con le mani che tengono le braccia

In genere quando le mani toccano altre parti del corpo c'è un sottofondo di ansia che traspare (accarezzarsi de mani: autorassicurazione), ma in questo caso c'è un altro sentimento che domina: l'intento di non dare a vedere le difficoltà nel dover affrontare una realtà spiacevole. Lo si vede spesso in un contesto ospedaliero.

L'indice sulle labbra ed il pollice sotto il mento

Questo è un tipico segnale di rifiuto alla collaborazione, in quanto generalmente chi lo fa non ritiene l'interlocutore alla sua altezza. Tale gesto apparentemente dimostra disponibilità, in realtà significa resistenza.

Togliere pelucchi vari o presunti dal proprio abito

Con questo gesto in genere si sottolinea il fatto di non essere d'accordo con quanto viene detto, senza però voler affrontare la discussione che ne potrebbe derivare. Questo gesto è una sorta di resistenza passiva. Di fronte a tale segnale occorre quindi mostrare ascolto e apertura verso idee anche diverse dalla propria.

Da seduti: suole delle scarpe l'una contro l'altra

Mostra scarsissima dispondibilità all'ascolto e una sorta di distacco e disapprovazione che non lascia spazio alla ragionevolezza. Come un bambino che fa i capricci e non vuole per nulla al mondo  spostarsi dalla sua presa di posizione.

Altri gesti

La comunicazione non verbale esiste da sempre. L'unica variante è legata alla cultura, sempre diversa a seconda dei luoghi e dei tempi. I gesti che compiamo sono spesso indipendenti dalla nostra coscienza. Essi però hanno sempre delle precise cause e degli effetti sul nostro interlocutore. Certo non si possono trarre deduzione assolute e certe da un solo gesto, il quale non basta a capire l'intera persona.
Esistono segnali che hanno una funzione di avviso o informazione e gli altri di condizionamento o suggestione. I primi avvertono l'interlocutore circa noi stessi, il nostro modo di porci nei suoi confronti e gli eventuali sentimenti che possiamo nutrire. Gli altri invece vanno ad influenzare il comportamento di chi ci sta di fronte, individuabile attraverso i feedback.
Esistono 4 categorie di segnali:
  • i segnali baluardo: vengono usati per proteggerci, indicano una tendenza più alla chiusura che all'apertura. Alcuni esempi: indossare sempre gli occhiali scuri, o capi d'abbigliamento dai colori poco vivaci, o tenerli sempre abbottonati completamente, oppure farsi crescere barba e baffi o ancora tenere i capelli davanti agli occhi (per esempio con una frangia lunga);
  • i segnali d'accoglienza: segnalano un atteggiamento di disponibilità all'incontro; sono in genere una premessa di una sana comunicazione. In genere si tratta di gesti e posture, ma anche la scelta dell'abito e del SORRISO come strumento di comunicazione.
  • i segnali di rifiuto: pongono una barriera tra sè e l'interlocutore. Di fronte a questi segnali è difficile passare perchè vuol dire che il soggetto ha già deciso di chidere i canali di comunicazione. Sono spesso legati ai segnali d'arroganza. Esistono persone che cercano di propinarci tutta la loro finta sapienza, facendola cadere dall'alto (dove sono loro) verso il basso (dov'è l'interlocutore), come se fossero solo loro i depositari della verità.
  • i segnali aggressivi: indicano sempre una situazione di potenziale pericolo, per cui può bastare assai poco a volte perchè si scatenino reazioni magari fino a quel momento inaspettate. Un segnale piuttosto evidente di aggressività repressa è quello delle labbra ben serrate.

La gestualità

I gesti che facciamo, quando siamo in relazione con qualcun'altro, sono legati all'inconscio e sfuggono al nostro controllo consapevole. Anche questi gesti rientrano nella globalità del comportamento di una persona.
Un esempio per tutti: braccia incrociate, gambe accavallate e mani nascoste a pugno indicano un disagio aggressivo trattenuto.
Schiarirsi la gola, tossire, è un gesto di rifiuto, di non ascolto o comunque di fastidio per ciò che l'interlocutore chiede. Lo stesso significato ha la strofinatina al naso oppure il colpetto dato al naso con l'indice. Questo è un gesto tipicamente maschile, mentre le donne possono indicare tale disagio con il pollice sotto il mento e l'indice piegato sulle labbra. L'indice dritto sulle labbra invece può essere interpretato anche come un segnale di riflessione, non solo di rifiuto.
Grattarsi leggermente una parte del viso, ad esempio appena sotto l'orecchio, è anch'esso indice di riflessione su quanto si sta dicendo. Così pure tirarsi l'orecchio, o appoggiare il mento alla mano.
Un atteggiamento enteressato verso l'altro è quello di piegare la testa in avanti verso l'interlocutore.
In generale i gesti possono essere suddivisi in 4 categorie, in base all'uso.

  • Gesti dimostrativi: sono quelli che in qualche modo fanno riferimento ad oggetti collegati simbolicamente con il discorso o con la situazione che si è creata. Ad esempio tenere le mani distese in avanti con il palmo rivolto verso l'alto evoca l'immagine di un vassoio e segnala un atteggiamento interiore di ricettivià ed accoglienza.
  • Segnali di riferimento: si tratta di gesti che sottolineano pronomi personali, di luogo, temporali, e che danno un rifeimento preciso al tempo o allo spazio. Ad esempio una mano distesa e aperta che oscilla ripetutamente indica il concetto dell'approssimazione, del quasi, del più o meno, del così così. Stesso significato quando si inclina la testa ripetutamente a destra e a sinistra. Un gesto circolare della testa verso gli astanti sta a significare "noi" o "voi". Un dito rivolto verso l'alto è un segnale che indica qualcosa o qualcuno di superiore, che ci sta sopra.
  • Gesti sostitutivi la parola: sono quelli che già da soli vogliono dire qualcosa di ben specifico. Abitualmente essi hanno un significato a seconda della cultura. Ad esempio: pollice rivolto verso l'alto = "ok", "va bene" (stesso significato per l'occhiello formato da pollice e indice uniti, rivolto verso l'interlocutore), pugno chiuso con indice e mignolo che puntano verso l'alto = corna, mano distesa con palmo verso il basso che "scorre" sotto il mento da una parte all'altra del viso = morte, uccisione, pugno chiuso con dorso rivolto verso noi stessi e indice e medio che puntano verso l'alto = la "V" di vittoria, il famoso dito medio alzato = "và a quel paese". 
  • Gesti di accomagnamento: qualificano o sottolineano parti di un discorso per renderlo più chiaro. Ad esempio per sottolineare la determinazione e l'incisività di un'azione si può porre la mano a "lama di coltello" verso il basso.

    venerdì 27 agosto 2010

    Linguaggio extraterrestre


    Questo cortometraggio prodotto dalla Pixar mostra in modo divertente come si possa comprendere una lunga serie di messaggi pur senza il linguaggio articolato.

    mercoledì 25 agosto 2010

    Il linguaggio degli occhi

    Nadia Cilia, psicologa analista, scrive in un articolo:
    Gli occhi costituiscono uno dei più importanti mezzi di comunicazione: possono esprimere amore, odio, gelosia, curiosità, paura; persino meglio delle parole.
    Mi rendo conto, purtroppo, che nelle grandi città come Milano, il non guardare costituisce spesso una difesa: “Gli abitanti delle grandi città imparano alla svelta che non si deve guardare”. Mai stabilire un contatto visivo con uno che ti chiede l’elemosina o che ti vuole vendere fiori o qualcos’altro, altrimenti “non te lo scolli più” fino a quando non gli dai qualcosa; (tipico es. del ns. quotidiano la lotta ai lavavetri); evita lo sguardo di un estraneo in difficoltà, altrimenti ti puoi sentire obbligato ad aiutarlo; non guardare uno che ti fissa altrimenti potresti mettere in pericolo la tua vita etc etc... E così, a poco a poco, ci si abitua a non guardare, a nascondere lo sguardo...
    Condivido in pieno questa deduzione, ossia che il non guardare gli estranei negli occhi sia ormai un comportamento ben radicato nella nostra società. C'è da dire però che in molte culture, sia in passato che attualmente, stabilire un contatto visivo (sopratutto con chi non si conosce) viene percepito come un atto di maleducazione.
    Ma perchè si dà così tanta importanza al (non) guardare? Perchè senza chiedere il permesso si stabilisce un contatto diretto in cui ci si mette alla pari; é apertura. Con gli occhi è possibile entrare nell'anima di una persona, di capire quello che questa non riesce, non può, o non vuole dichiarare. Attraverso gli occhi è possibile abbattere quella spessa barriera che maschera l'intimità dell'animo umano. Le persone magari non ci pensano, ma è proprio per questo che si evita di guardare chi ti chiede l'elemosina, perchè non si vuole instaurare un contatto, tanto meno far intendere un'apertura da parte nostra o che si è disposti ad entrare in rapporto per ad ascoltare richieste (come l'elemosina) o offerte (come i venditori ambulanti o i lavavetri).
    L'estate sta finendo e tutti noi sappiamo quanto insistono certi venditori ambulanti che lavorano nelle spiagge affollate. Spesso ci troviamo a dover ripetere i nostri educati ma convinti "No, grazie". Avete mai notato che questo, il più delle volte, capita proprio quando ci rivolgiamo al venditore guardandolo? O magari guardando i prodotti che vendono, quindi in un certo senso mostrando interesse verso qualcosa che loro hanno (anche questo crea contatto). Un NO senza nemmeno dare la possibilità, attraverso lo sguardo, di un avvicinamento è molto più efficace. Questa è una triste realtà però dimostra come i messaggi ricevuti non dipendano dalle parole quanto dai segnali non verbali utilizzati.

    martedì 24 agosto 2010

    Non solo parole

     
    In questo video gli elementi più forti sono il suono (mi riferisco anche alla voce del cantante) e le immagini (che molto spesso mostrano solo due differenti occhi e due differenti bocche).

    giovedì 12 agosto 2010

    Il segreto del rapport: Ricalcare

    Il ricalco consiste nell'essere, nel sentire (empatia) o nel diventare come l'altra persona. Si possono ricalcare molte cose dell'altro:
    • il suo umore;
    • il suo linguaggio corporeo;
    • gli schemi che utilizza nella conversazione (che comprendono, oltre che alle parole e alle immagini utilizzate dall'interlocutore, anche il linguaggio paraverbale: velocità, tonalità, volume);
    • anche la sua respirazione;
    Il ricalco è una delle strategie più potenti per creare EMPATIA nel rapport, suggerita da Milton Erickson, fondatore delll'ipnoterapia. Ricalcare significa andare incontro all'altra persona nel punto in cui lui o lei si trova. Ricalcare una persona serve per entrare in armonia con essa per assomigliarsi. Alle persone piace chi è come loro, è come se ricalcandole dicessimo loro "Sono come te. Con me sei al sicuro. Puoi fidarti di me". Quindi è un modo per creare FIDUCIA e CREDIBILITÀ.

    Empatia: contagio emotivo o strategia?
    Con brevissime parole, per dare una definizione generica di EMPATIA, direi che
    "l'empatia è la CAPACITÀ di entrare in comunione con l'altro".
    Consideriamo ora l'empatia come una sorta di "contagio emotivo". Poniamo per un attimo come base di riflessione il fatto che la nostra compartecipazione agli stati d'animo altrui sia data dalla loro influenza su di noi, quindi dall'importanza che hanno per noi.
    Questa empatia, questo "sentire dentro" crea somiglianza ed è positivo per l'altro.
    Quindi essere capaci di creare empatia può essere molto utile.
    Quando si sta insieme ad una persona importante per noi e con cui ci sentiamo in armonia, l'empatia è spontanea e naturale, avviene senza che noi lo decidiamo; quindi non c'è ricalco, ma somiglianza reale.
    Quando invece l'empatia viene cercata o creata, perché VOGLIAMO avvicinarci all'altro, diventa una strategia e non è sempre facile da mettere in pratica. Di certo però il ricalco è il mezzo adatto!

    mercoledì 11 agosto 2010

    Essere nell'altro

    Thomas Gordon afferma che "se una persona è in grado di sentire e comunicare sincera approvazione ad un'altra persona, possiede la capacità di essere veramente d'aiuto".
    L'approvazione è un terreno fertile che ha la capacità di liberare le migliori potnzialità dell'individuo.
    Il sentirsi accettati significa infatti sentirsi amati ed è enorme il potere che scaturisce da tale sensazione; esso influisce nella crescita della persona in modo totale, corpo e mente, ed è senz'altro la forza terapeutica più potente che si conosca, capace di riparare danni psicologici e fisici.
    Ma come si comunica l'accettazione?

    Il rapport: che cos'è?
    Alcuni lo definiscono armonia, altri concordanza, accordo, affinità.
    In genere comunque si dice che c'è rapport quando si è instaurata una relazione segnata dall'accordo, dall'allineamento e dalla somiglianza.
    Allinearsi significa trovare dei punti d'accordo negli altri e ciò rende possibile ritrovare anche se stessi. Aumentare la propria capacità di identificarsi con gli altri è come viaggiare perchè permette di allargare i propri orizzonti e scegliere la direzione da prendere e talvolta di condurre gli altri nella medesima direzione.

    La legge della Varietà Indispensabile
    Proviene dalla cibernetica e afferma che in un qualsiasi sistema (sia umano che meccanico), quando tutti gli altri fattori sono uguali sarà l'elemento (uomo o macchina) con la più ampia varietà di reazioni a controllare l'intero sistema.
    Per ottenere questa varietà indispensabile occorrono fondalmentalmente due cose: consapevolezza e flessibilità. Consapevolezza sufficiente per sapere se le cose che stai comunicando vengono accettate o rifiutate e flessibilità per cambiare metodo di comunicazione se quello utilizzato risulta inefficace.
    La domanda fondamentale che dobbiamo porci per una comunicazione efficace è "quale cambiamento in particolare devo produrre in me stesso per orientare l'altro nella direzione che desidero?" (e certamente questa è una domanda che anche chi comunica nell'ambito pubblicitario deve assolutamente porsi).

    martedì 27 luglio 2010

    Linguaggio verbale, paraverbale, non verbale

    Comunicare con gli altri, presentarsi (per come siamo o non siamo), far intendere, mentire, scherzare, litigare, parlare al telefono, stare con parenti, con amici, rapportarsi con il personale di un negozio...
    sono tutte azioni che fanno parte del quotidiano e che hanno più sfaccettature: quella delle parole, quella del tono, quella dei gesti, delle espressioni, della posizione del corpo... e tante altre.

    Non sempre siamo consapevoli dell'importanza che assume, ad esempio, il linguaggio del corpo quando parliamo con le persone, ma spesso sono proprio i nostri gesti a facilitare o coplicare la comunicazione.
    Fondamentale è la coerenza tra quello che diciamo a parole, (linguaggio verbale) il tono (linguaggio paraverbale) che utilizziamo e quello che facciamo intendere con il nostro corpo. (linguaggio non verbale). Facciamo un esempio:
    se vedete una persona che ha la fronte crucciata, che sbuffa, che si muove in modo rapido e scattoso e che a denti stretti (o urlando) dice "sono tranquillissimo e rilassato, va tutto bene", potete ben capire che c'è una evidente discordanza tra i vari linguaggi, e certamente il messaggio che voi percepite non è certo "sono tranquillissimo e rilassato, va tutto bene".
    Il potere della comunicazione non verbale è maggiore di quello della comunicazione verbale. In una ricerca, oggi considerata un classico, il professor Albert Mehrabian traspose questo confronto in percentuali, affermando che nello scambio comunicativo:
    • solo il 7% è occupato dalla comunicazione verbale;
    • il 38% è occupato dalla comunicazione paraverbale;
    • il 55% è occupato dalla comunicazione non verbale.